URBanvoids Saggio
mercoledì 20 luglio 2011
domenica 15 maggio 2011
MODA E ARCHITETTURA
" Spesso le idee si accendono l'una con l'altra, come scintille elettriche." (Friedrich Engels) Da sempre moda, arte ed architettura sono lo specchio di una società. Ne sottolineano aspetti diversi, n'enfatizzano caratteristiche distinte, s'incontrano ripetutamente traendone nuovi spunti di sviluppo. L 'intrecciarsi delle vicende architettoniche con quelle della moda e dell'arte è fatto ben noto, spesso il limite che li divide è labile: ci sono abiti dai materiali così particolari e dalla struttura così ardita da far pensare ad un'architettura e confezioni il cui estro e meraviglia non può che essere catalogato come arte; artisti che creano opere d'arte che sono vestiti surreali; architetture che sono sculture... In effetti il dibattito è sempre esistito: è lo stilista un'artista? È certa architettura arte? Il nostro scopo non e ora riaprire quel dibattito, ma piuttosto mettere in evidenza come oggi, all'inizio di un nuovo secolo, il contatto tra i tre campi non sia solo più di materia teorica, ma reale, fisico. L 'uno assume caratteristiche dell'altro ed i luoghi di moda, arte e architettura possono trovare respiro in un unico spazio, uno spazio sempre più simile ad un museo e che del museo n'assorbe con avidità il linguaggio. Rendersi conto di questo cambiamento è facile. L 'immagine della città è radicalmente cambiata negli ultimi cinquant'anni, le boutiques sono diventate una straordinaria palestra d'esercitazione compositiva un po' come il museo, un'occasione in cui l'architetto può esprimere tutto se stesso senza però dimenticare la transitorietà dell'opera stessa che vede la sua collezione mutare a ritmi frenetici di settimana in settimana. Il negozio diventa luogo di svago, momento d'intrattenimento e di cultura con offerta di bar, aree internet, opere d'arte ed in generale mescolando generi e servizi. Ciò che conta è fornire al visitatore un'esperienza sensoriale completa. Si fa uso di meccanismi scenografici, si dà grande importanza progettuale alle luci, ai colori, ai suoni, ai materiali, esattamente come nei musei. Tuttavia non è al museo che la boutique guarda ma alle mostre temporanee che, come lei, affrontano il problema della transitorietà e sono momento di sperimentazione architettonica. La boutique, quindi, anche come tipologia espositiva per l'arte. I negozi progettati nell'ultimo decennio, come la Maison Hermes a Tokio di Renzo Piano o la boutique di Prada a Brooklyn {New York) di Rem Koolhas sembrano far tesoro di quest'aspetto; oltre agli usuali percorsi di vendita, il cui linguaggio è molto vicino a quello teatrale e museografico, prevedono aree specifiche destinate ad esposizioni temporanee. Una tendenza che, attraverso questi due casi esemplari che hanno segnato l'evolversi della boutique da semplice attività di vendita a centro multifunzionale, ci accingiamo ad analizzare per coglierne le linee guida da approfondire e seguire nella ricerca di uno spazio che oltrepassi "l'area dedicata" a favore di un intreccio di percorsi. Il nostro scopo è progettare un tragitto opposto all'usuale che dal museo si sposti verso il punto vendita con un'esposizione differenziata e sinergica appositamente studiata per il punto vendita. Scopo che, per non essere mero studio teorico, richiede un interlocutore, interlocutore rappresentato dalla casa di moda Ferragamo, che è il committente, e dalla fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che mette a disposizione le opere da esporre. Un'occasione per confrontarsi con un caso reale, che presenta problematiche di marketing, di sviluppo...oltre a quelle puramente architettoniche. Uno stimolo per ricercare nuove soluzioni ricavate dalla collaborazione tra architetto, casa di moda e istituzione museale. Un'opportunità per comprendere meglio le nuove tendenze e dar vita ad una mostra che è un evento nel dialogo dell'arte. "Che cos'è l'arte se non un modo di vedere?
lunedì 9 maggio 2011
TO DO 7 PARTNERSHIP AL PROGETTO
FONDAZIONE MICOL FONTANA
Parlare con lei è come andare a trovare la nonna. Si entra nella sede della fondazione omonima, che dal 1994 cura la formazione e l’inserimento dei giovani nel modo dorato della moda attraverso seminari e borse di studio. Sembra che lì dentro il tempo si sia fermato. Un’oasi di pace nel deserto frenetico che è la moda oggi. Nella casa delle favole, al posto dei mobili di marzapane, scaffali pieni di libri sulla moda e sulle sorelle Fontana, abiti lussuosissimi appartenuti a Jackie Kennedy e Rita Hayworth, perfettamente conservati sotto veli di cellophane, acquistati e poi donati dalle proprietarie alle creatrici. Alle pareti, fotografie in bianco e nero che evocano familiarità. Ava Gardner con abito talare, uno dei suoi preferiti. Linda Christian in abito da sposa, Liz Taylor con un vestito bianco e nero.
Accompagnati da Licia, fedele assistente da innumerevoli anni, vengo introdotta nella stanza delle bambole. La prima bambola è lei Micol Fontana. Seduta dietro una scrivania, mi porge una mano ossuta, ma morbida. Deliziosa, truccata e perfettamente vestita e pettinata (come potrebbe essere altrimenti?). Gli occhi azzurri vispi che tanto hanno gioito delle meraviglie viste. Perfettamente ordinate in vetrine, decine di bambole. La vera passione di Micol ereditata dalla mamma, insieme a tanti esemplari in porcellana e non, cinesi, giapponesi, sarde perfino. E il mio cuore esulta pensando alla mia terra, così delicatamente rappresentata nel regno delle fiabe.
Tante cose da dire, da chiedere, da raccontare che è difficile trovare una storia da cui cominciare.
Le chiedo come era fatta la sua sartoria lei inizia a raccontarmi degli spazi che la componevano,grandi,razionali ben utilizzati,progettati dall’ architetto Zegretti. Particolare è come loro si interessino della formazione dei giovani. Micol mi spiega come I RAGAZZI CHE PROVENGONO DALLE SCUOLE TECNICHE QUI IN FONDAZIONE POSSONO TOCCARE I MATERIALI,VEDERE E CAPIRE LE DIFFERENZE. DA ANNI SI DEDICANO AL SOCIALE,TENENDO CORSI PER RAGAZZE ABBANDONATE,MOLTE DELLE QUALI STRANIERE, CHE MAGARI NON SANNO TENERE UN AGO IN MANO,SPERANDO DI POTERGLI DARE UN MESTIERE..CONCLUDE SPERANDO CHE IL COMUNE POSSA OFFRIRLE UNA SEDE PIU’ GRANDE PER OFFRIRE CORSI A PIU’ PERSONE…E QUESTO SARA’ LO SCOPO DEL MIO PROGETTO ….
martedì 26 aprile 2011
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